SUSAN STYLE

Text IT+EN
[Vers. IT]

Susan Dutton è californiana ma vive da tanti anni in una piccola frazione che sta in pianura Padana.
Viveva a New York nel ’68, così per dire …
Ci siamo incontrati per la prima volta pochi mesi fa da Diego, quello dell’Osteria; lei aveva disegnato un bell’acquerello per il menù che mi era piaciuto.
Per andarla a trovare, in un pomeriggio piovoso di Gennaio, lascio la provinciale e costeggiando l’Oglio, attraverso i binari che corrono sul vecchio ponte in ferro.
Poi vado dritto sull’argine.
Poi viene il borgo.
Poi viene il cortiletto.
Poi suono il campanello.
Susan apre la porta e ci mettiamo in cucina a chiacchierare, col gatto nero che mi studia e alla fine, quando credo di averlo conquistato, mi graffia (mentre mi morde la mano). I gatti …
“Vuoi vedere la casa?”.

La casa di Susan è un insieme di ambienti unici che stanno tra la cascina lombarda, il cottage della campagna inglese e un appartamento hippy.
Scesi dal primo piano, senza dirmi nulla succede che lei decide di fare quello che fanno i super eroi: lasciare i panni di Mrs. Dutton e trasformarsi nel suo alter ego; apre il catenaccio di una porta di assi azzurre, entra nella cantina, indossa un camice da uomo e si trasforma. Diventa SUSAN STYLE. Quando esce si siede in penombra a fissare in silenzio il foglio bianco che sta fissato sul cavalletto dello studio e dopo averlo squadrato si alza e si mette al lavoro. Io mi metto lì di fronte a lei e cerco di usare uno degli specchi di cui è piena la casa per ritrarla mentre pasticcia coi colori, prende la mira, strizza gli occhi, mi guarda e spennella.
Io inquadro lei e lei inquadra me.
“Ma perché hai appeso quello scheletrino messicano?”
“Perché alla mia età non mi resta che la morte.”
Quando dopo pochi minuti mi sorride capisco che ha finito. Infatti pulisce i pennelli.

Torniamo in cucina. Il gatto finalmente dorme accovacciato in un cestino di vimini.
Tè. Cinese. Nero.

“Bye bye.”
È tempo di andare.
Riprendo la strada: lascio il cimitero del borgo e ripasso il ponte che mi riporta di qua, “tra i morti” mi viene da pensare dopo un pomeriggio così.

Ma cos’ha ritratto?
Me?

**********

[EN vers.]

Susan Dutton is Californian but has lived for many years in a small hamlet in the Po Valley.
She lived in New York in’ 68, just to let you know …
We met for the first time a few months ago at Diego’s Osteria; she had designed a beautiful watercolour for the menu that I liked.
To visit her, in a rainy afternoon in January, I left the provincial road and skirting the Oglio river, through the tracks running on the old iron bridge.
Then I went straight on to the embankment.
Then the village came.
Then came the small court.
Then rang the bell.
Susan opened the door and we put ourselves in the kitchen to chat, with the black cat studying me and in the end, when I though I’ve conquered him, he scratched me and bit my hand. Cats….
“Do you want to see the house?”.

Susan’s house is a set of unique environments that lie between the Lombard farmhouse, the English countryside cottage and a hippy apartment.
Coming down from the first floor, without telling me anything happens that she decides to do what the super heroes do: leave Mrs. Dutton’s shoes and transforms into her alter ego; she opens the bolt of a blue wooden door, enters the cellar, puts on a man’s uniform and transforms. She becomes SUSAN STYLE. When she comes out she sits in semi-shade to silently fix the white sheet that is fixed on the easal and after having squared it she gets up and goes to work. I put myself there in front of her and try to use one of the mirrors whose house is full of to portray her while messing with colours, aiming, wringing her eyes, looking at me and brushing.
I look at her and she frames me.
“But why did you hang that Mexican skeleton?”
“Because, at my age, all that remains for me is death.”
When after a few minutes I smile, I realize that she has finished. In fact, she cleans the brushes.

Back to the kitchen. The cat finally sleeps down in a basket of wicker.
Tea. Chinese. Black.

“Bye bye.”
It’s time to go.
I go back to the road again: I leave the cemetery of the village and go back to the bridge that brings me back here, “among the dead” comes to me after such an afternoon.

But what did she portray?
Me?

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